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ASSEMBLEA USG – Secondo giorno – Ariccia 24 maggio 2018

Il salesiano irlandese Eunan McDonnell, ha aperto i lavori della seconda giornata dell’assemblea USG, con un denso intervento su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Ha preso alla lettera quanto gli era stato chiesto: parlare con franchezza, accettando la sfida di aiutare non solo i giovani a riscoprire la loro chiamata alla vita cristiana, ma anche i religiosi a riscoprire la propria vocazione alla vita consacrata. Ha proposto l’incontro con Zaccheo (Lc 19, 1-10) come quadro di riferimento per una seria riflessione sui temi della fede, dell’accompagnamento e del discernimento vocazionale dei giovani. Come Gesù che vede Zaccheo e cambia il programma della sua giornata, così anche i religiosi impegnati nella pastorale giovanile, quante volte mettono da parte i loro programmi per poter rispondere in maniera convinta alle necessità dei giovani. Oggi, si è chiesto il relatore, è Dio che chiama meno persone o forse non è più frequente il fatto di non sentire la sua chiamata? Viviamo in un mondo secolarizzato e secolarizzante, da cui non è immune neanche la vita religiosa. Quante volte oggi le esperienze formative di tanti giovani sul piano religioso non sono solo inconsistenti, ma addirittura inesistenti. I consacrati per primi dovrebbero allora interrogare sè stessi se anche nella formazione di un giovane religioso una pseudo spiritualità non prenda spesso il posto della spiritualità evangelica vera e propria. Tra gli adolescenti statunitensi, ad esempio, le vere e proprie religioni dominanti sono quelle del sentirsi bene, essere felici, sicuri, in pace. Non è forse il frutto, questo, del fatto di aver offerto ai giovani una “teologia a buon mercato?”.

Il fatto che Zaccheo cercasse di vedere Gesù, non potrebbe anche significare che i giovani oggi chiedano ai religiosi/e di essere veramente uomini e donne di preghiera? Se è vero che Dio oggi, nella vita di tanti giovani, si sta eclissando, non potrebbe essere la conseguenza anche di una sempre più debole testimonianza dei religiosi? Zaccheo per vedere Gesù sale su un sicomoro. Ma la vita religiosa oggi è un sicomoro per i giovani? Fino a che punto i religiosi sanno creare un senso di comunità dove i giovani possano condividere la loro fede? Gesù chiama Zaccheo per nome. Questo ci dice che ogni invito vocazionale è una chiamata personale. Ma si è veramente convinti che l’accompagnamento spirituale personale del giovane è l’elemento fondamentale in tutta la pastorale vocazionale e giovanile? Non basta aiutare i giovani a individuare le ispirazioni di Dio; bisogna anche saper leggere i segni dei tempi in cui si muove lo Spirito oggi. Il declino della vita religiosa non potrebbe diventare una chiamata al “risveglio” di cui parla con insistenza papa Francesco? E’ un dato di fatto che tanti movimenti giovanili laicali, con la loro critica profetica, mettono in seria discussione anche la vita consacrata. L’incontro di Gesù con Zaccheo, gli ha cambiato la vita. Ha imparato a vivere senza tanti beni e ad aiutare gli altri. Perché non vedere in questa pagina evangelica un chiaro segnale di reale rinnovamento per la vita consacrata di oggi?

Questi interrogativi sono ritornati anche nelle significative testimonianze di giovani religiosi provenienti dalla Colombia, dalla Croazia, dalle Filippine. Rifacendosi all’invito di papa Francesco ad “uscire” incontro ad un futuro anche se sconosciuto, il colombiano Victor Manuel Henao López, carmelitano scalzo, si è soffermato sulla figura della Chiesa come madre e dei giovani come figli.

Più concretamente ancora ha configurato la relazione tra la madre e i figli in tre momenti concreti: quello dell’impulso giovanile, quello della sapienza pazienza, quello dell’amore-fede. Ha concluso la sua testimonianza parlando della sfida tra la Chiesa e la vita consacrata da una parte e i giovani di oggi dall’altra. “La Chiesa è buona per definizione, ha detto, ed è estremamente giovane e santa. Se a volte il rapporto si deteriora non è né per colpa sua né per colpa di Dio, ma per colpa nostra ed allora è necessario una forte dose di fede e di amore per continuare il cammino”.

Ha preso poi la parola il gesuita Stanko Perica che ha brevemente tracciato il vissuto soprattutto dei giovani nei periodi ante e post comunismo in Croazia. Accennando in particolare al tema delle vocazioni, ha fatto notare come i numeri dell’Europa centro-orientale siano notevolmente più alti rispetto a quelli dell’Europa occidentale. A suo dire non si tratta di un problema puramente demografico, quanto piuttosto dell’elemento mistico rimasto più presente nelle Chiese più tradizionali. Soprattutto nei paesi ex comunisti c’è oggi un urgente bisogno di testimoniare la gioia di essere cristiani. Non ci si dovrebbe mai stancare di ascoltare i giovani e di offrire loro nuove prospettive. A suo dire i religiosi avrebbero le “condizioni ottimali” per fare questo, a condizione di sentirsi più intensamente uniti fra loro. E’ un fatto che i giovani oggi apprendono più facilmente dall’esperienza che non dai concetti astratti. Se è vero che si può vedere e giudicare soprattutto agendo, allora questo dovrebbe essere un punto di non ritorno del lavoro dei religiosi con i giovani.

Non si può parlare e interagire con i giovani oggi ignorando il mondo digitale. Ne ha parlato, con piena cognizione di causa, Aikee Esmeli, un fratello delle scuole cristiane delle Filippine. I giovani hanno fatto della tecnologia e dei nuovi mezzi di comunicazione sociale una parte indispensabile della loro vita. Trasparenza, autenticità, coerenza, sincerità, per le giovani generazioni di oggi, passano attraverso il digitale. Senza social media e reti sociali online sarebbe oggi difficile arrivare ad una conversazione o attrarre i giovani, fino a diventare anche un modo indiretto per promuovere vocazioni religiose. E allora ecco alcune domande che oggi non si possono trascurare: come favorire, come Chiesa e come consacrati, la ricerca di profonde e significative relazioni data la rilevanza di questi nuovi contatti sociali? Come dialogare con la gioventù nel promuovere un uso positivo ed efficace dei social media? Come puó la Chiesa, come possono le nostre stesse comunità religiose mantenere un approccio pastorale positivo piuttosto che di condanna nei confronti di questi social media? Come arrivare fattivamente ai giovani che hanno bisogno di questi nuovi modi di relazionarsi? “Come giovane religioso, ha detto il relatore, anch’io credo che le nostre comunità religiose abbiano bisogno di cambiamenti strutturali”. I giovani da sempre sono stati “voce di speranza e della coscienza contro strutture apparentemente logore create dalle generazioni che li hanno preceduti”. Senza discriminazioni di sorta, andrebbe data voce “alle loro osservazioni e ai loro suggerimenti di innovazione per continuare a crescere” sia nella società che nella Chiesa. “Il giovane, ha concluso il relatore, ci prende per mano e ci conduce in luoghi sconosciuti, ma come loro guida, possiamo provare che è possibile portare Cristo ovunque e in qualsiasi momento. Lá dove ci invitano i giovani, ci invita anche Cristo. Quando i giovani ci invitano ad essere degni di fede, sinceri e vivificanti, anche Cristo ci invita ad essere altrettanto degni di fede, sinceri e vivificanti”.

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